Winston Churchill amava ripetere: “una mela al giorno toglie il medico di torno: basta avere una buona mira”. A pochi giorni dall’entrata nella fase 2 del piano vaccinale anti-Covid con la regione Lazio a fare da apripista per i pazienti oncologici, prende il via la Settimana Nazionale per la Prevenzione Oncologica: intuizione della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, nata durante una delle più fortunate stagioni della storia della politica sanitaria Italiana.
Nel 2001 l’accordo Stato-Regioni portava alla stesura delle linee-guida su: prevenzione, diagnosi e assistenza in oncologia; il 29 novembre 2001, con l’emanazione del DPCM n. 26, venivano definiti i Livelli Essenziali di Assistenza con le campagne di screening per la diagnosi precoce dei tumori di: colon-retto, mammella e collo dell’utero.
Nell’intenzione del Legislatore, il DPCM del 2005 istituiva la Settimana Nazionale per la Prevenzione Oncologica allo scopo di diffondere la cultura della prevenzione sensibilizzando la popolazione e rendendo gli screening oncologici un diritto per ogni cittadino. Se infatti la prevenzione primaria (corretti stili di vita) rappresenta un’arma importante contro il cancro, la prevenzione secondaria (diagnosi precoce di tumori quali: mammella, collo dell’utero, colon-retto, prostata e cute) resta il pilastro fondante.
Poi è arrivata la pandemia e ha letteralmente stravolto il nostro sistema sanitario: uno tsunami che ha scardinato modelli consolidati di assistenza e priorità di cura. L’Osservatorio Nazionale Screening racconta che nei primi mesi del 2020 c’è stata un’interruzione, però secondo l’Osservatorio civico sul federalismo in sanità, gli screening sono ripartiti da maggio, purtroppo con molti distinguo da Nord a Sud e regioni a macchia di leopardo; così a fine anno il saldo, rispetto allo stesso periodo del 2019, è stato del 10% in meno.
“Prevenzione” significa fermare un’azione prima che venga fatta e riguarda le misure atte a mantenere sotto controllo qualcosa di negativo: dal latino “praeventus”, significa “anticipare o ostacolare”. Eppure a voler ben guardare, il ritardo che da più parti si ritiene rischi di rallentare gli importanti risultati sinora ottenuti, ha probabilmente radici antiche: dai dati dell’Osservatorio Nazionale Screening emerge che già nel 2018 senza l’alibi della pandemia, l’adesione alla mammografia era scesa al 54%,in lieve flessione al Nord, costante al Centro e al Sud con valori sotto la soglia di accettabilità del 50%.
L’adesione allo screening cervicale (pap-test o test HPV) era in costante discesa fino ad un 39,6% nel 2018, indipendentemente dall’area geografica. Decisamente peggio l’adesione al sangue occulto: 43% a livello nazionale (accettabile sopra il45%), con valori maggiori del 50% al Nord, ma del 36% al Centro e 31% al Sud.
La decima edizione de “I numeri del cancro in Italia” racconta di 6 milioni di italiani con diagnosi di tumore; mammella, colon-retto, polmone, prostata e vescica, i più frequenti. Se tra le donne continua la preoccupante crescita di quello al polmone, per il fumo di sigaretta, dall’altro lato si impone il ‘caso’ del colon-retto, in netto calo in entrambi i sessi, grazie all’efficacia dei programmi di screening con il sangue occulto. A questo si aggiungano le raccomandazioni spesso disattese sugli stili di vita: corretta alimentazione e attività fisica.
Non c’è pandemia che tenga; il benessere dei cittadini ruota attorno al valore fondamentale della prevenzione. È quindi fondamentale coinvolgere diversamente la cittadinanza.
Questa pandemia ha insegnato che la salute è un diritto inviolabile, ma ha fatto toccare con mano la fragilità della nostra condizione. Secondo Schopenhauer: “un uomo può fare ciò che vuole, ma non può avere tutto ciò che vuole”. Se nella coscienza collettiva la prevenzione è percepita come un bisogno e non come un’imposizione, abbiamo un fattore di salvaguardia efficace e un’arma in più contro il cancro.